Trasimeno: Sì al parco, ma nuovi criteri di gestione

Come cambiare la gestione del parco naturale del Trasimeno secondo sindaci, pescatori, operatori turistici, associazioni locali ed alcuni esperti.
Un documento finalizzato ad orientare positivamente il processo di adozione del piano di gestione del lago da parte della Regione Umbria.
Per i firmatari “l’istituzione del Parco Trasimeno è stata una scelta fondamentale per la difesa e la valorizzazione della straordinaria qualità ambientale del quarto lago d’Italia. Dopo molti anni però, in un contesto istituzionale, economico e sociale completamente trasformato, è necessaria – sottolineano i promotori – una rivisitazione profonda delle modalità di gestione del Parco.
Queste infatti, per rigidità normative e per assenza di investimenti regolari, hanno finito per portare più parti del lago in uno stato di abbandono, dove il degrado presente compromette anche gli stessi cicli di vita di flora e fauna così come conosciuti per millenni nel loro rapporto con l’uomo”.
Nelle due pagine del documento si affrontano temi come lo stato di abbandono del canneto, che si suggerisce di poter coltivare con tagli periodici; la presenza di specie animali invasive all’interno del parco, rispetto alle quali si chiede di incrementare gli abbattimenti selettivi; l’immissione diretta di acque da Montedoglio nel caso di piene per stemperare possibili fasi siccitose del Trasimeno; l’introduzione di attività di pescicoltura, “salvando” dalla crisi dell’ente provinciale il centro ittiogenico di Sant’Arcangelo anche destinandolo ad attività di produzione.
Ma vengono sollevate anche altre questioni: la revisione della strumentazione urbanistica, in particolare rispetto ai settori agricolo e turistico con la ridefinizione delle regole imposte dal piano stralcio del Trasimeno (PS2); l’interrimento progressivo del bacino e il contestato stop alle possibilità di dragaggio; la liberalizzazione del trasporto di navigazione; la manutenzione di fossi, scoline, darsene, pontili ed altre pertinenze pubbliche.
Si segnala inoltre, con la risalita del livello, il problema di migliaia di piante finite con i fusti in acqua: elementi, talvolta pericolosi, che le normative attuali non consentono una pacifica gestione.

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